Impugnazione licenziamento illegittimo del dirigente ed "indennità supplementare"

Davide Plebani
Avvocato Giuslavorista

Dirigenti: natura del contratto e peculiarità del rapporto lavorativo

Sotto il profilo della natura giuridica del rapporto contrattuale lavorativo, il dirigente è anch’egli un dipendente, ossia un lavoratore subordinato, così come lo sono gli impiegati e gli operai.

Tuttavia, dal punto di vista sostanziale egli esercita, in ambito aziendale, un ampio potere di determinazione delle scelte operative ed organizzative con potere di autonomia, tanto da venir considerato, se in posizione apicale, il c.d. “alter ego” dell’imprenditore. 

I dirigenti sono, infatti, di norma preposti alla direzione organizzativa dell’aziendale, o di un settore di essa, ed investiti di attribuzioni che gli consentono, in ottemperanza alle direttive programmatiche ricevute dal datore di lavoro (o imprenditore o dal CdA o dall’AD), di imprimere un orientamento alla governance dell’azienda.

Secondo la giurisprudenza i tratti distintivi del rapporto lavorativo dirigenziale sono la collaborazione immediata con l’imprenditore per il coordinamento aziendale, l’ampio potere di autonomia nell’attività direttiva, la supremazia gerarchica su tutto il personale dell’azienda o di un ramo importante di essa e la subordinazione esclusiva all’imprenditore o a un dirigente superiore (cfr. tre le altre Cass. civ. n. 13191/2003).

Lo speciale rapporto di fiducia che lega il Dirigente all’Imprenditore o all’Azienda.

Il dirigente, come abbiamo visto, è di fatto ed in sostanza il preposto a capo dell’organizzazione o dell’intera azienda o di un suo settore o ramo d’azienda, in posizione, dunque, apicale o comunque di superiorità gerarchica rispetto al resto del personale dipendente (dell’azienda, del settore o del ramo).

Per tale ragione, datore di lavoro e dirigenti sono tra loro legati da un vincolo fiduciario molto stretto e forte, che, per tale sua importanza ai fini del rapporto lavorativo, è suscettibile di essere leso a causa di condotte o comportamenti meno gravi rispetto ad una giusta causa di licenziamento valida per gli altri dipendenti.

Il licenziamento illegittimo del dirigente e la nozione di “Giustificatezza”

Proprio in viritù del suddetto vincolo fiduciario peculiare e stringente, la possibile cessazione del rapporto di lavoro deriva dalla sussistenza o meno della giustificatezza del licenziamento.

Sotto il profilo normativo, il rapporto dirigenziale è disciplinato dagli artt. 2118 e 2119 c.c., quali norme che non richiedono una motivazione per il recesso dal rapporto di lavoro: per questo si parla anche di libertà di recesso dal rapporto di lavoro dirigente, seppur nel rispetto reciproco del termine di preavviso stabilito; nonché, qualora si tratti di contratto a tempo indeterminato, di recesso libero e senza preavviso ove si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro dei dirigenti.

In tale peculiarità del recesso, che deriva dall’estremo grado di fiducia necessario al rapporto dirigenziale, sta quindi la principale differenza (o discrimen), in fase di cessazione rapporto, tra dirigenti ed altri dipendenti: ossia i quadri, gli impiegati e gli operai, per i quali invece il licenziamento è legittimo soltanto laddove si configuri e sussista una “giusta causa” di licenziamento, oppure un giustificato motivo soggettivo o un giustificato motivo oggettivo di licenziamento; causali invece non prescritte normativamente per il licenziamento del dirigente. (Cass. 4113/2017).

Cosa dice la Giurisprudenza sulla giustificatezza del licenziamento dirigenti

In Giurisprudenza si afferma una nozione di giustificatezza autonoma e svincolata da quella di “giusta causa” o di giustificato motivo di licenziamento; talchè, conseguentemente, fatti o condotte meno gravi, rispetto a quelli riguardanti gli altri dipendenti (quadri, impiegati e operai) possono comunuque giustificare il licenziamento del dirigente, in quanto maggiori poteri presuppongono una maggiore intensità della fiducia e uno spazio più ampio ai fatti idonei a scuoterla (Cass. civ. n. 6950/2019). 

Ed ancora, secondo la Cassazione, la nozione di giustificatezza “discostandosi da quella di giustificato motivo, trova la sua ragion d’essere, da un lato, nel rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in virtù delle mansioni affidate, dall’altro nello stesso sviluppo delle strategie di impresa che rendano nel tempo non pienamente adeguata la concreta posizione assegnata al dirigente nella articolazione della struttura direttiva dell’azienda” (cfr. Cass. civ. sez.lav. n. 8659/2019).

Ma allora quando è illegittimo il licenziamento del dirigente e quando scatta il diritto all’indennità supplementare ?

Tuttavia, per poter licenziare un dirigente, e quindi per supportare la giustificatezza licenziamento in questione, il motivo alla base dovrà essere apprezzabile sul piano del diritto, ossia idoneo a recidere o ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia del datore di lavoro verso il suo dirigente. E ciò, tenuto conto anche dell’ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente, in modo tale da escludere l’arbitrarietà del recesso, che renderebbe altrimenti illegittimo il licenziamento del dirigente (Cass. 27971/2018).

Ad esempio, secondo alcune sentenza, il rapporto fiduciario viene ad essere leso irrimediabilmente solo in presenza di una importante inosservanza delle direttive generali dettate dal datore di lavoro, ovvero in presenza di un comportamento extra-lavorativo lesivo o incidente negativamente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente (cfr. tra le altre, Cass. n. 2205/2016).

Pertanto, non tutte le condotte del dirigente integrano la giustificatezza del licenziamento; anzi, occorrono comportamenti del dirigente comunque di gravità tale da ledere il vincolo fiduciario, sebbene quest’ultimo sia più sensibile, perché di grado elevato, rispetto a quello di un qualunque altro lavoratore.

Come affermato dalla Corte di Cassazione, il licenziamento del dirigente non può mai essere per valutazioni o motivazioni arbitrarie, essendo di contro necessaria la dimostrazione di sussistenza di una condotta dirigenziale, ascrivibile al dirigente, che sia lavorativa o extra lavorativa, che abbia determinato l’irreversibile compromissione del rapporto fiduciario (cfr. Cass. civ. sez.lav. n. 8659/2019).

La mancanza di giustificatezza e l’Indennità Supplementare del dirigente

Ebbene, posto quanto sopra, la contrattazione collettiva di categoria, integra a tutela dei dirigenti la disciplina normativa di cui agli articoli 2118 e 2119 del codice civile (summenzionati), attraverso alcune norme contrattuali che limitano la libertà di licenziamento dirigenti, imponendo un obbligo, per l’appunto, di giustificazione o meglio di giustificatezza, e riconoscendo, in difetto, il diritto del dirigente ad ottenere il risarcimento del danno, nella forma giuridica della c.d. indennità supplementare del dirigente.

Infatti, l’autonomia privata, individuale e collettiva, può prevedere limiti alla facoltà di recesso del datore di lavoro facendo ricorso “anche a clausole o concetti generali per disciplinare l’ipotesi del licenziamento ingiustificato, anche senza specificarla in una casistica dettagliata o in una definizione particolareggiata” (Cass. n.5709/1999).

Tra i temi caldi trattati dalla Giurisprudenza, vi è quello relativo al diritto del dirigente ad esprimere, ed in che maniera, il proprio dissenso rispetto alle scelte imprenditoriali.

Secondo i Giudici, infatti, sarebbero tali da integrare giustificatezza del licenziamento del dirigente soltanto quelle condotte con le quali il dissenso veniva espresso mediante l’uso di toni talmente negativi ed aspri da diffondere presso i dipendenti un discredito nelle capacità dei superiori, alimentando un clima non collaborativo e di non condivisione delle strategie adottate; oppure, tra gli altri casi affrontati dalla Giurisprudenza, laddove il dirigente abbia ripetutamente offeso e denigrato i sottoposti etichettandoli come “incompetenti”, “incapaci”, “non professionali” e “lavativi”, al punto da configurare un comportamento lesivo della dignità dei lavoratori, che impedisce loro di operare in un ambiente sereno; o ancora, in un altro caso, per aver avuto un atteggiamento demotivante, prevaricatore di ruoli e competenze, instaurando un clima in azienda distruttivo ed inutilmente autoritario.

Trattasi, come si può ben comprendere, di fattispecie in cui il licenziamento del dirigente non poteva quindi dirsi certamente arbitrario o ingiustificabile.

Secondo la Giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini dell'indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva in caso di licenziamento del dirigente, la "giustificatezza" deve concretizzantesi in condotte lesive, nella loro oggettività, della personalità del dirigente. Ed al fine di accertare la configurabilità del diritto del dirigente all'indennità supplementare di preavviso, l'ingiustificatezza del recesso datoriale può evincersi anche da una incompleta e inveritiera comunicazione dei motivi di licenziamento ovvero da un'infondata contestazione degli addebiti, potendo tali condotte rendere quanto meno più disagevole la verifica che il recesso sia eziologicamente riconducibile a condotte discriminatorie ovvero prive di giustificatezza sociale. (cfr. Cass. 20/12/2006 n. 27197)

Sicchè i tutti i casi di arbitrarietà, o di non comprovata giustificatezza, spetta al dirigente impugnare il licenziamento per poter rivendicare una indennità economica, ovvero risarcitoria, denominata “indennità supplementare”, come stabilita, nei parametri di spettanza, quantificazione, dai contratti collettivi di settore; e la erogazione e determinazione dipende da molteplici fattori.

In sintesi, i presupposti ed i parametri dell’indennità supplementare dirigenti, dipendono innanzitutto dal settore contrattuale (dirigenti industria, commercio, bancario, finanziario etc.) e variano in funzione direttamente proporzionale all’anzianità di servizio, ma pur sempre all’interno di una forbice o spread, peraltro ampio e flessibile, tra un minimo ad un massimo, in dipendenza da molteplici fattori inerenti il caso specifico, tra i quali, in primis, il comportamento delle parti: ad esempio, le condotte datoriali che siano state non conformi o in violazione dei canoni di buona fede e correttezza, poste in essere in fase di recesso (o anche di esecuzione del rapporto) ai danni del dirigente, andando esse ad poter incrementare il diritto all’indennità economica.

Addirittura, per alcuni settori, il parametro dell’anzianità non gioca un ruolo e la forbice dipendente dagli altri parametri inerenti la fattispecie nel concreto - che occorrerà rilevare, contestare al datore e far valere nelle sedi opportune – risulta ancora più ampia (tra minino e massimo).

Di converso per altri settore, entra in gioco, in parte, anche l’età anagrafica in combinazione con l’anzianità di servizio, fermo restando il rilievo degli altri parametri e quindi della trattativa individuale.

Conclusioni: impugnazione dell’illegittimo licenziamento del dirigente e congruità dell’indennità supplementare

Come abbiamo visto, quindi, il rapporto lavorativo del dirigente presenta delle caratteristiche peculiari, derivanti dalla forza e specialità del vincolo fiduciario.

Per procedere validamente al suo licenziamento, però, è comunque sempre necessario che l’imprenditore dimostri la sussistenza di una giustificatezza, intesa come motivazione afferente condotte del dirigente in questione tali da aver leso irrimediabilmente il rapporto di fiducia, considerato nella sua maggior sensibilità e pregnanza, per la loro oggettiva gravità e comunque non arbitrarietà.

In caso contrario, il dirigente avrà diritto al risarcimento danni da licenziamento illegittimo, nella forma della indennità supplementare, ma naturalmente occorre l’impugnazione del licenziamento da parte del dirigente stesso, per tramite di un proprio legale che possa articolare e contestare le motivazioni addotte dal datore alla base del recesso intimato.

E’ per tutti questi motivi, fondamentale affidarsi ad un avvocato giuslavorista, specializzato nella materia, affinchè la fattispecie sia correttamente valutata, in modo da poter rivendicare, in caso di ingiustificatezza del licenziamento dirigenziale, la giusta e congrua indennità supplementare dirigenti, secondo un’interpretazione valida, corretta e ben supportata, di tutti i parametri di spettanza (settori, anzianità etc.) ed atteso che le forbici di quantificazione sono molto ampie e variabili in funzione di fattori anche comportamentali, delle parti, e quindi specifici di ogni singola fattispecie concreta: da qui l’importanza fondamentale di condurre e far valere una competente trattativa individuale, ovviamente in ottica del diritto ad una più elevata quantificazione dell’indennità.

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