Come e in che modo la quarantena e la malattia per Covid-19 incidono sul periodo di c.d. “comporto” e quindi sul diritto alla conservazione del posto di lavoro?
In linea generale, alla luce del nuovo quadro normativo dettato dalle misure legislatite anti-Covid, recepito anche dalla stragrande maggioranza dei Contratti Collettivi, il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva:
- è equiparato a ricovero ospedaliero
- non si computa ai fini del “comporto”
- dà diritto all’intera retribuzione senza alcuna decurtazione (di retribuzioni accessorie avente carattere fisso e continuativo)
- non è soggetto alle cd. visite fiscali
Cosa si intende per periodo o termine di “comporto”?
La legge dispone che in caso di malattia il rapporto di lavoro è sospeso e il datore di lavoro non può licenziare il dipendente malato fino a che non sia scaduto il periodo di conservazione del suo posto di lavoro, secondo quanto stabilito al riguardo dai Contratti Collettivi (applicati dall’impresa in questione): tale periodo di conservazione obbligatoria è il cosiddetto periodo di comporto.
Naturalmente, qualora si accerti la violazione di tale divieto, il lavoratore potrà accedere alla tutela risarcitoria, parametrata ad un numero anche rilevante di mensilità e variabile in relazione ad alcuni fattori.
Normalmente, i contratti collettivi sono soliti distinguere tra
– comporto secco, quando il termine di conservazione del posto fa riferimento ad un’unica malattia di lunga durata
– comporto per sommatoria, quando invece il periodo fa riferimento e contempla più malattie distinte.
Solo una volta decorso per intero il periodo o termine di comporto il lavoratore potrà essere licenziato dall’imprenditore, sebbene permanga il suo comprovato stato di malattia.
Come conservare il posto di lavoro, una volta esaurito il periodo di comporto?
Tuttavia, in un’ottica di maggior tutela per la parte debole del rapporto (il lavoratore suborodinato malato), è bene verificare se sussistono, come spesso accade, disposizioni del ccnl di riferimento che consentano al dipendente di ottenere la c.d. aspettativa non retribuita: essa, per un periodo massimo indicato dal contratto, fa infatti sì che il rapporto di lavoro prosegua (in assenza di prestazioni lavorative e della correlata retribuzione salariale) anche oltre il termine di comporto, e per periodo anche piuttosto lunghi a seconda dei casi.
Inoltre è utile sapere che il datore di lavoro, normalmente, ha l’onere (che fa capo ai principi cardini e generali di “buona fede” e “correttezza” contrattuale) di preventivamente comunicare al lavoratore la facoltà di fruire della citata aspettativa; ed in pochi sanno che, in difetto, il dipendente malato potrà impugnare efficacemente il licenziamento ed ottenere il dovuto risarcimento, come stabilito in alcune sentenze dalla Corte di Cassazione.
Per giunta, non tutti sanno che il datore di lavoronon puòrifiutare l’aspettativa se non dimostrando la sussistenza di seri motivi, oggettivamente verificabili e non arbitrari, che siano impeditivi alla concessione della stessa.
Ulteriormente, è bene sapere che la domanda finalizzata ad usufruire dell’aspettativa dev’essere presentata dal lavoratore interessato e non può essere disposta unilateralmente dal datore di lavoro.
La malattia per Covid19 e quarantena con serveglianza attiva: quali effetti sulla conservazione del posto di lavoro?
La normativa introdotta dai DPCM per contrastare l’epidemia da Covid19 ha previsto che i periodi di quarantena e di permanenza domiciliare fiduciaria sotto “vigilanza attiva” sono equiparati alla malattia solo ai fini del trattamento economico, ma che essi invece non sono computabili ai fini del “comporto”.
Ciò significa che i giorni di malattia per Covid sono esplicitamente estromessi dal computo delle assenze lavorative ai fini del calcolo del (complessivo) periodo o termine del c.d. comporto, rilevante per la conservazione del proprio posto di lavoro.
Allo stesso modo, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dai lavoratori del settore privato, è anch’esso equiparato a malattia (ai fini del trattamento economico) e non è computabile nel periodo di comporto.
Nello specifico, i suddetti periodi di malattia Covid e quarantena con sorveglianza attiva sono equiparati al periodo di ricovero ospedaliero, e pertanto per i connessi periodi di assenza dal lavoro, non si applica la generale decurtazione del trattamento accessorio per i primi dieci giorni (RPD per i docenti, CIA per il personale TA, Indennità di amministrazione per il personale EP); ed il lavoratore è inoltre esentato dal rispettare le fasce orarie di controllo mediante c.d. visita fiscale.
Al riguardo, è utile sapere che si considera quarantena ai suddetti fini e diritti, l’assenza dal luogo di lavoro per il tempo intercorrente tra l’esito (che risulti positivo) delle analisi sierologiche e del tampone, con presentazione di idoneo certificato medico rilasciato dal medico e/o ASL competente.
Diverso, è invece il caso in cui, una volta avvenuta la guarigione dall’infezione Covid19, il lavoratore dovesse sviluppare – quindi in un secondo e distinto momento – delle patologie correlate. In tali casi, purtroppo, non vi è stato, ad oggi, alcun intervento legislativo volto a tutelare il dipendente, che in teoria si trova esposto alla possibilità di essere licenziato per superamento del comporto.
In tal caso è bene considerare e valutare (con un avvocato specializzato in materia di Diritto del Lavoro) una serie di circostanze, al fine di poter comunque ottenere la massima tutela possibile.
Cosa accade in caso di Cassa Integrazione e Malattia-Covid?
Qualora l’azienda abbia fatto ricorso alla Cassa Integrazione, in caso di malattia del lavoratore, il trattamento di integrazione salariale sostituirà l’indennità giornaliera di malattia (e l’eventuale integrazione contrattualmente prevista).
Al contrario, nel caso di Cassa integrazione non a zero ore, ma con rotazione dei dipendenti ad orario ridotto, prevarrà l’indennità economica di malattia.
Inoltre, anche in caso di Cassa integrazione a zero ore, qualora lo stato di malattia sia precedente all’inizio della sospensione (dell’attività lavorativa) in Cassa, e non venga sospesa la totalità del personale, dell’unità cui è addetto il lavoratore in malattia, prevarrà l’indennità di malattia.
Tali regole valgono anche per le domande di integrazione salariale (CIGO, FIS, CIGD) intervenute nel corso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Per concludere:
In questo articolo ha riassunto gli effetti della quarantena e della malattia (Covid) rispetto al comporto ed al diritto di conservazione del posto di lavoro, analizzandone alcuni aspetti.
Come sempre, ogni situazione lavorativa e personale del dipendente hanno precise peculiarità che devono essere approfondite e ben valutate, attraverso una consulenza specialistica dell’avvocato esperto in Diritto del Lavoro, onde poter garantire al lavoratore una tutela tempestiva ed efficace dei suoi diritti.
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